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La Parigi di Doisneau

Il Bacio dell'Hotel de Ville, 1950Come accennato nel precedente articolo, Parigi mi fa pensare, tra le mille cose, a un’altra in particolare: la città vista con gli occhi del fotografo francese Robert Doisneau.

Doisneau nacque nel 1912 in un sobborgo parigino, circondato da famiglie appartenenti alla classe medio-borghese. All’età di tredici anni iniziò a studiare incisione e litografia presso l’École Estienne e nel 1931 divenne assistente del fotografo André Vigneau, da cui poté assimilare gli influssi artistici che lo portarono a diventare il fotografo che conosciamo. Dopo un breve periodo come fotografo industriale alla Renault (da cui venne licenziato, pare, per gli eccessivi ritardi!), cominciò ad esercitare la professione di fotografo indipendente, fino ad essere assunto dall’agenzia Rapho, nella quale rimase per quasi cinquant’anni, nonostante le numerosi pressioni ricevute da parte dell’altrettanto illuminato collega Henri Cartier-Bresson, affinché passasse alla sua agenzia, la celebre Magnum.
Ma fu nell’euforia del secondo dopoguerra parigino che esplosero la tecnica e la creatività di Doisneau, suggerendogli le foto che noi tutti, chi più chi meno, amiamo.
Come faceva?

«Girellavo naso all’aria, contando sulla generosità del caso e armato di un’attrezzatura la cui pochezza mi salvava dal virtuosismo. Così, bighellonando, ho scoperto certi aspetti della città di cui le guide turistiche non parlano».
(Doisneau Paris, L’ippocampo, Milano, 2014).

Laddove non c’era nulla da vedere, lui riusciva a immaginare nuove scenografie, creare furtivi punti di vista, osservare romantici o buffi disegni sul freddo asfalto.
Ma non lasciatevi ingannare. Questo non voleva necessariamente dire che i suoi fossero indiscutibilmente scatti rubati, anzi.
Spesso era lui stesso a costruire o, quantomeno, ritoccare la scena, per poi immortalarla e restituircela filtrata dai suoi occhi. Lui osservava la realtà e la modificava così come avrebbe voluto che fosse, trasformandola nella ‘sua’ realtà.
Oppure, in alternativa, la osservava e la ricostituiva in un secondo momento per avere la capacità di fissarla al meglio, fabbricando, come amava dire lui stesso, il suo piccolo teatro.
Il caso più eclatante? La prima foto che ho pubblicato in questo articolo: Il Bacio dell’Hôtel de Ville (1950).
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