Paris c’est toujours Paris

DSC_0393Ed eccomi davanti a una pagina bianca.
L’articolo numero zero… Quale sogno, quale esperienza condividere per primi?
Mille idee: troppo difficile scegliere.
Ma accade una cosa e… la scelta arriva da sé. Una cosa che porta dietro altre cose, altri pensieri, altre passioni, altri sogni.
Ok, ho deciso.
Vi do alcuni indizi (come se non ci fossero già foto e titolo)…

Tetti a spiovente sopra palazzi dell’Ottocento; finestre illuminate, dietro cui si celano pittori, scrittori, artisti tout court; ragazze dal naso affilato che camminano per la strada con impeccabile disinvoltura, indossando impeccabili cappottini rossi, con baschi impeccabilmente storti; bancarelle di felici librai che hanno fatto del lungosenna la propria seconda casa; occhi incantati che osservano una torre che, come le donne più amate, ha un fascino che oltrepassa la sua bellezza; stazioni trasformate in musei, musei trasformati in set cinematografici; opere uniche al mondo di una bellezza disarmante (anche se, forse, fuori posto); piazzette nascoste; vie che portano a tesori inestimabili; crêpes, fromages, vines, macarons; la dolcezza del francese e quelle buffe e inevitabili smorfie che lo accompagnano; una storia che sa di serenate e di rivoluzioni.

Questo e molto altro, per me, c’est Paris.
Mi innamorai della città la prima volta in cui la vidi. Avevo sì e no otto anni ed ero così emozionata e felice che, anche una volta tornata, continuavo a parlare in francese. “Uh, pardon!”, “Oh, merci!”, “Bonjour maman!”. Altro non sapevo dire, ma mi sembrava già sufficiente per sentirmi parigina.
La visitai altre volte da allora, l’ultima, meravigliosa e inaspettata, qualche settimana fa.
Ero al telefono con un’amica quando improvvisamente mi disse: “Ma io giovedì vado a trovare mia sorella e il mio nipotino a Parigi: vieni con me!”.
Come al mio solito, il mio istintivo “Sììììììì!!!!” venne soffocato da mille domande: “Ma mio marito come fa senza di me? E i miei genitori? Sarà giusto partire così, senza pensarci? E tutte le cose che devo fare? Quando le faccio? Ma soprattutto, che cosa penserà di me mia suocera!?”.
Grazie a Dio sono circondata da persone con un senno (o un’incoscienza) più sviluppato del mio e ricevetti in risposta un coro di: “Ma ci pensi pure? Parti! Ogni lasciata è persa! Le occasioni non tornano indietro!” (suocera inclusa). E così mi decisi.
Partimmo in treno, col TGV, esperienza che suggerisco a tutti, almeno una volta, perché permette di entrare gradatamente in contatto con il territorio, dà il tempo per realizzare, pregustare, assaporare quello che si sta per vivere.
Una volta arrivate, ci dividemmo tra città, sorella e nipotino. Non avevo orologio, non avevo una mappa, non avevo né ‘planning’ né ‘timetable’ delle cose da vedere e visitare.
Misi solo una mano sotto il braccio della mia amica, l’altra sulla macchina fotografica e mi lasciai condurre da lei, alla scoperta di una Parigi che non avevo mai vissuto in questo modo.
Calpestammo chilometri senza stancarci, ingorde di tutto quello che potevamo vedere: dal Marais a Notre Dame, dal Pompidou a Pigalle, da Montmartre a Les Tuileries, dall’Opéra a Uniqlo (lo so, non è molto culturale, ma due amiche di infanzia che vanno a Parigi senza fare shopping, sebbene non lo ami, è un insulto alla femminilità). E poi ancora viuzze sconosciute, mercatini di quartiere, bar su misura di bambino, ristoranti e negozi piccolissimi, ma deliziosi, fromageries. E non è mancata, alla fine, una preghiera sul luogo dell’attentato. Difficile essere lì e far finta di nulla.
Sono stati dei giorni speciali, che mi hanno fatto riflettere e ricaricato. Per la città e soprattutto per il modo in cui sono partita, il modo in cui l’ho vissuta.

Quindi…
Mi fa sognare una citta come Parigi, grande, ma allo stesso tempo raggiungibile, con tanti pregi, tanti difetti, ma con il suo intramontabile fascino.
Mi fa sognare abitare in una città non poi così diversa da Parigi, tutto sommato.
Mi fa sognare l’idea di poter dire: “Partiamo? … Partiamo!”.
Mi fa sognare, sperare e ringraziare il fatto che a Parigi sarei dovuta andare l’anno scorso, ma, per i famosi motivi di salute, ci avevo rinunciato. Ora, invece, l’ho fatto.
Mi fa sognare, quindi, il fatto che i sogni possano tornare, per permetterci una volta in più di viverli.
Senza mai di-sperare.

Ecco perché ho scelto questo articolo come numero zero!

E voi?
Siete mai partiti senza chiedervi come-dove-quando, ma solo con la voglia di farlo (…e l’avete fatto)?
Avete una città nel cuore che vi fa sognare?
Vi è capitato di non poter vivere un sogno quando lo desideravate, ma di averlo magicamente vissuto, poi, quando meno ve lo aspettavate?

Raccontatemelo!

ph: Chiara Monteforte. Parigi, Francia.

2 pensieri su “Paris c’est toujours Paris

  1. Quattro ore! no, dico: quattro ore! per uscirne con un niente di fatto.
    Era la mia seconda volta a Parigi, la prima organizzata in autonomia e ci avevo messo quattro ore a pensare a come riempire la giornata senza lasciare nulla al caso visitando il maggior numero possibile di “due stelle Touring”.
    E, dopo quattro ore fra colazione, asciugatura di capelli (non miei, neppure allora…), metro (da un hotel seriale ai bordi delle banlieue), camminata… passiamo quattro ore dentro i magazzini Lafayette! Alla faccia dello shopping che non-mi-piace-ma-non-se-ne-può-fare-a-meno! E poi “shopping” vuol dire che uno compra in modo continuativo e ripetuto… non che uno (o meglio tre, sì, tre donne…) si prova cappellini improponibili per quattro ore senza comprare né cappellini né foulard, né sciarpe, né souvenir, né un singolo significativo spillo!
    Penso di aver contato i vetri della cupola almeno quattro volte… ma eravamo in quattro, un uomo e tre donne, e le donne si sa, non amano lo shopping, ma non possono proprio farne a meno, sia pur solo per quattro ore…
    Eppure sapete che c’è? che di quella giornata io non ricordo che questo, e ne sorrido ogni volta, a distanza di 16 anni; 16, che in effetti è il quadrato di quattro… e il prossimo weekend, quando vedrò quelle tre donne ancora una volta, sarò ancora una volta orgoglioso di essere stato il loro quarto uomo a Parigi.

    1. Ti sbagli! Dopo quattro (sì, è vero, quattro) ore sono uscita da Lafayette con… la maglietta del gatto rognoso di Friends!!! Ma anche molto grata e orgogliosa della pazienza di quell’uomo… 🙂 In fondo, dopo 16 anni, ho ancora quella maglietta!

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