Festa del (mio) papà

008.La festa di mio papàSo di essere fuori stagione. Il 19 marzo è passato da un bel po’, d’accordo.
Però oggi è la festa del mio papà. La festa vera, soprattutto se consideriamo l’età.
Settanta. Tondi tondi.
E detti così, non si offendano i suoi coetanei, mi sembrano così tanti!

Ma poi penso al suo viso, alle sue energie, ai suoi desideri, e non mi sembra che ne abbia ‘così tanti’.
Neanche pochi.
Giusti.

Giusti per un uomo che ha vissuto appieno la sua giovinezza, giusti per un uomo che se n’è andato presto di casa, ma che ha anche assaporato la libertà di giovane studente universitario, giusti per un uomo che aveva tanto, tantissimo amore, e che ha deciso di donarlo, infine, a una sola donna, giusti per un uomo che ha voluto diventare padre due volte e che adesso è persino uno splendido nonno. Giusti per un uomo che ha dedicato la sua vita al lavoro, senza mai dimenticare la vita al di fuori di quell’ufficio.
Posso dire senza alcun dubbio di avere un rapporto idilliaco con mio padre, ma se state pensando che questo significhi un rapporto senza litigi, scontri, urla, pianti… vi sbagliate di grosso.
Litigo e mi arrabbio con mio padre più o meno ogni volta che lo vedo, il che capita una o due volte al mese, per sua fortuna (anche se so bene che lui non la pensi minimamente così).
Ma quando il nodo alla pancia passa, ci diamo sempre un abbraccio liberatorio. Magari discutiamo apposta per abbracciarci più forte dopo.

In realtà il fatto è che, nonostante dall’adolescenza e oltre io abbia sempre pensato che l’origine dei nostri scontri fosse la nostra incredibile diversità, all’alba dei trent’anni… scopro che è l’esatto contrario.
Io mi scontro, lotto, combatto contro mio padre perché siamo troppo simili. E se mettete due persone come me e lui (per giunta reciprocamente innamorate) in una stessa stanza, potete inevitabilmente suonare anche la campanella del ring. La prima a farmelo notare fu mia cognata, qualche anno fa… Lì per lì rimasi perplessa. Ma un istante dopo sorrisi e le diedi ragione.
Siamo cocciuti, a volte permalosi, vorremmo vivere ogni emozione fino in fondo, cerchiamo la creatività in ogni cosa che facciamo, fatichiamo ad accettare comportamenti immorali, ma poi fatichiamo a giudicare una situazione che non conosciamo fino in fondo, siamo di quelli che ‘una ne fanno e cento ne pensano’, a discapito della nostra attenzione e dei poveri malcapitati che ci stanno accanto, siamo attaccati al passato, ma irrimediabilmente curiosi del nuovo, lottiamo contro una natura che ci ha fatto un cuore e una pancia che ci trascinano ad agire di impulso, ma anche una testa che cerca di riportarli violentemente a terra. E in questo tiro alla fune, dobbiamo barcamenarci per restare in piedi nel modo migliore possibile, sempre certi che tutto porterà a qualcosa di positivo. Perché tutto serve. E se non serve, pazienza, sarà stata comunque un’esperienza.

Sono sempre stati buffi i suoi tentativi di insegnarmi la legge della giungla buttandomici lui stesso dentro con una mano, dicendomi di non tirarmi mai indietro a nulla, qualunque cosa comportasse, e il suo istinto protettore che con l’altra mano mi riacciuffava per i capelli, perché non mi facessi poi così tanto male.
Un metodo un po’ destabilizzante a volte, ma che a lungo termine mi ha lasciato comunque l’istinto di ‘provarci sempre’.
Con il suo accento siculo sempre presente, nonostante i suoi cinquant’anni vissuti a Padova, cerca goffamente di ripetermi il detto veneto: «Boca sarà no ciapa mosche!», bocca chiusa non prende mosche: chi tace non può ottenere nulla. Provaci sempre, non tirarti mai indietro. Molto meglio vivere di rimorsi che di rimpianti, insomma.
Ma più che il suo siculo-veneto, me lo insegnano la sua vita, le sue esperienze, i suoi tentativi riusciti, le rialzate dopo i tentativi falliti, il boccone ingoiato a fatica dopo giornate pesanti, per mostrare a noi figli solo il suo sorriso. Non è che non ci rendessimo conto della fatica sulle sue spalle, era evidente. Ma vedevamo ancora di più la fatica nell’essere davvero con noi una volta tornato a casa.

Alla fine penso sempre di più che gli scontri, lotte e combattimenti ‘contro’ mio padre siano stati e siano piuttosto scontri, lotte e combattimenti ‘con’ lui, ‘contro’ la giungla a cui ancora adesso mi vuole abituare.
Perché un papà non smette mai di essere papà, nemmeno adesso che è orgogliosamente nonno.

Questo mio articolo originariamente voleva essere una piccola introduzione a una bella poesia o a un testo teatrale, alla citazione di un libro di qualche celebre autore o poeta sull’essere papà… ma alla fine, sebbene scritte meglio, quelle parole non avrebbero descritto al cento per cento mio padre.
E anche se non troverete della cultura in questa pagina virtuale, troverete di certo non solo un qualcosa che mi fa e mi ha fatto sognare.
Troverete la persona che più di chiunque altro mi ha insegnato a sognare.

5 pensieri su “Festa del (mio) papà

  1. Tantissimi auguri al tuo papa’ Chiara.
    Ed e’ proprio vero che si hanno scontri forti ma costruttivi con chi ci assomiglia di piu’.
    Anch’io ero sempre in lotta con mio padre ed ora mi accorgo che faccio commenti identici ai suoi, e se devo risolvere un problema penso a come lo avrebbe fatto lui.
    Ad mea ve esrim ( a cento venti ) come si dice qui, e anche di piu’ aggiungo io, in salute e felicita’.

  2. Grazie di cuore, Tedy. Sì, penso sia una cosa inevitabile, purtroppo, ma in fondo, in qualsiasi caso, è bello e fa sorridere rendersene conto… Un abbraccio!

  3. Brava Chiara mi hai fatto emozionare non è facile (per lo meno per me) dare voce ai propri sentimenti e tu lo hai fatto egregiamente con tanto amore e passione. Sono sicura che hai reso tuo papà ancora più orgoglioso di questa sua meravigliosa figlia

  4. Grazie Adelia e grazie Dody. Non è stato facile decidere di pubblicare un articolo così personale, ma sono felice che sia arrivato nel cuore di così tante persone.
    Un abbraccio!!!

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